RASSEGNA STAMPA
IL SECOLO XIX -
G8: «Tra poliziotti telefonate inopportune ma non illecite»
Genova, 20 ottobre 2009
G8: «Tra poliziotti telefonate inopportune ma non illecite»
le motivazioni della sentenza di assoluzione di mortola e de gennaro
Non c'è prova che l'ex questore Colucci sia stato indotto a cambiare versione
Telefonate «inopportune», «rischiose», «moralmente criticabili» ma non «di per sé illecite» e tali da comportare necessariamente una responsabilità diretta in un eventuale reato di falsa testimonianza del teste. Per questo è necessario conoscere «il contenuto» e le «circostanze» reali di quelle conversazioni per considerarle «la prova dell'istigazione». Sono i contatti, registrati, dell'ex questore di Genova, Francesco Colucci, con l'ex capo della Digos, Spartaco Mortola, e quelli ipotizzati, accennati nel corso dei dialoghi intercettati, con Gianni De Gennaro, l'allora capo della polizia oggi al vertice dei Servizi segreti. Per il tribunale nel caso di Mortola, assistito dai legali Alessandro Gazzolo e Piergiovanni Iunca, la prova non è stata raggiunta, mentre nel caso di De Gennaro, difeso dall'avvocato Carlo Biondi, è stata considerata «insufficiente».
Sono queste in sintesi le motivazioni, depositate ieri mattina, della sentenza con la quale il giudice per l'udienza preliminare Silvia Carpanini, lo scorso 7 ottobre ha assolto l'ex capo della polizia e l'ex dirigente della Digos genovese dall'accusa di istigazione alla falsa testimonianza dell'ex questore Francesco Colucci, di aver in quel modo ordito depistaggi, suggerito versioni di comodo durante il processo Diaz, quello per la sanguinaria irruzione della polizia nella scuola quartier generale del Genoa Social Forum al termine del G8 del luglio 2001.
Attraverso le 79 pagine della sentenza, si può seguire la ricostruzione dell'intera vicenda, per la quale Colucci è stato alla fine rinviato a giudizio, con l'accusa di aver modificato la sua versione dei fatti per «aiutare i colleghi» sotto processo, e per lasciare fuori da tutto il suo «capo», ritrattando sul coinvolgimento alla Diaz dell'allora responsabile dell'ufficio stampa del ministero dell'Interno Roberto Sgalla.
La figura dell'ex questore, assistito dall'avvocato Maurizio Mascia, ne esce per così dire, ridimensionata nelle motivazioni del giudice quando sollevano il dubbio che l'ex questore «abbia interpretato o capito» più che riferito nel dettaglio i colloqui con De Gennaro e Mortola. In sostanza il giudice sottolinea come sia stato Colucci a cercare Mortola e come abbia lui cambiato e corretto alcune delle sue affermazioni, evidenziando poi come nel 2007 Colucci «non ricordasse nel dettaglio quasi nulla» delle vicende del G8 del 2001. Il tutto "passando" (nell'ingarbugliata vicenda giudiziaria del G8 e, nello specifico, nel caso Colucci-De Gennaro) per la telefonata che inviò alla Diaz la sera della sanguinosa irruzione Roberto Sgalla (oggi a capo della Polstrada a livello nazionale, già capo ufficio stampa del ministero ed ex esponente sindacale del Siulp all'epoca della fondazione del sindacato unitario di polizia).
Il giudice Carpanini non tralascia di evidenziare sia nella ricostruzione sia nelle sue valutazioni di fatto e di diritto, le zone d'ombra. Ma è sui fatti che si concentra per arrivare a concludere la sua sentenza con dieci righe chiare ed efficaci: «Certo è - scrive Silvia Carpanini - che nel momento in cui non è possibile ricostruire con un certo grado di
completezza e di precisione ciò che Colucci e De Gennaro si sono detti in occasione dell'incontro che ha preceduto la testimonianza e, quindi, non cosa Colucci abbia capito o ritenuto di dovere fare, ma quello che gli è stato chiesto o suggerito in modo tale da condizionarne la volontà, non è neppure possibile pervenire a un'affermazione di responsabilità». Per cui «entrambi gli imputati devono essere assolti per non avere commesso il fatto.
G. Cet. - M. Zin.